Ci si propone la finalità di individuare le aree comuni ai quattro ambiti di ricerca esplorati e stilare un prospetto delle analogie tra gli elementi caratterizzanti un individuo affetto da IGD e un individuo che pratica attività e sport in ambienti naturali.
Dall’incrocio dei dati emersi dalla ricerca scientifica è possibile evidenziare quanto i fattori psicosociali, ambientali, relazionali e neurobiologici siano coinvolti direttamente tanto nelle cause di rischio predisponenti un IGD, quanto nelle pratiche virtuose utili a condurre uno stile di vita sano e soddisfacente attraverso lo stare a contatto con gli ambienti verdi e blu e l’esercizio di attività sportive.
Considerando l’individuo nel continuum del suo sviluppo, partiamo dalla riesamina degli aspetti inerenti alla sfera familiare, l’importanza della qualità e della valenza affettiva e supportiva delle relazioni con le figure di riferimento.
Internet permette di ricorrere ad una vicinanza simbolica che rende la madre presente anche quando fisicamente lontana. Alcuni autori definiscono Mamma Avatar il processo mentale per cui viene scelto un sostituto virtuale, un avatar appunto, portatore di alcune caratteristiche di sé e veicolo di una connessione continua ed una presenza ubiquitaria, un vero e proprio cordone ombelicale virtuale. È la madre, molto prima del figlio, che scopre e sfrutta l’utilità della virtualità, così da mitigare le angosce materne, ma con il rischio che diventi poi una presenza invadente.
Accanto alla figura della Mamma Avatar si ritrova quella di padri poco significativi per i figli, che disertano il loro ruolo, lasciando al proprio posto un profondo vuoto, oppure “padri affettivi” in grado di assicurare una presenza empatica, orientata da valori femminili di tenerezza, ma fin troppo presente, sostenuta da meccanismi di identificazione narcisistica con il figlio, che non favoriscono la separazione, nemmeno quella rappresentata da un “no”. Sono padri che non si riconoscono più nel ruolo normativo appreso dalle generazioni precedenti, ma che sembrano non aver trovato una soluzione alternativa. Si sottolinea il ruolo della rete come “terza famiglia”, oltre a quella naturale e sociale, luogo di incontri e relazioni, luogo in cui possono essere fisicamente distanti, ma mai soli perché costantemente connessi in relazioni nonostante l’assenza del corpo. La rete quindi diviene una vera e propria “protesi identitaria”. La rete dunque si intreccia nello sviluppo intrapsichico e relazionale dell’individuo interagisce con la costruzione della percezione di spazio e di tempo: lo spazio virtuale non si colloca in un luogo fisico, ma esiste e modifica il concetto di distanza; il tempo diventa multiforme; la fitta e costante stimolazione, che richiede di essere filtrata, sviluppa la capacità di mantenere l’attenzione su più piani, a svantaggio del livello attentivo posto su un singolo stimolo. Ciò porta ad una maggiore sollecitazione di processi cognitivi basati sull’immediatezza e differenti modalità di apprendimento.
Dal punto di vista relazionale il web regala la possibilità di sentirsi costantemente connessi alle persone significative, ma soprattutto di presentarsi al mondo “come se” alcune parti di sé considerate meno accettabili potessero sfuggire allo sguardo giudicante del gruppo dei pari. L’adolescente, attraverso i social network per esempio, può entrare in relazione giocando solo le parti che ritiene essere migliori di sé, cercando di proteggersi dalla frustrazione dell’esposizione delle parti fragili e meno accettabili. E’ come se la rete fosse un vero e proprio spazio transizionale a servizio della sperimentazione della propria identità. Il periodo dell’adolescenza costituisce una fase delicata nello sviluppo dello stile di vita ed è quindi un momento in cui la dinamica tra le spinte auto-affermative e cooperative assume una valenza particolarmente rilevante. Data l’importanza della relazione madre-bambino nello sviluppo del sentimento sociale, gioca un ruolo fondamentale la capacità della madre di rispondere al bisogno di tenerezza primaria e quindi la possibilità di una relazione fondata su un senso di compartecipazione emotiva. La rete può costituire in tal senso uno strumento ambivalente: se da un lato assicura, come descritto in precedenza, una presenza continua laddove c’è una distanza fisica dettata da esigenze esistenziali, dall’altro inserisce lo schermo tra lo sguardo della madre e lo sguardo del bambino. Qualora dunque le figure genitoriali deleghino eccessivamente la loro presenza, e quindi il loro sguardo ad uno schermo, non solo non permetteranno di sperimentare una relazione basata sulla compartecipazione emotiva, ma impediranno l’esperienza di rispecchiamento emotivo necessaria allo sviluppo del mondo interno del loro bambino.
I bambini e gli adolescenti con IGD percepiscono le funzioni relazionali della loro famiglia come inadeguate.
Gli studi hanno stimato che i giocatori problematici possono usare i giochi come un modo per sfuggire ai loro problemi e le scarse relazioni familiari potrebbero essere la ragione per cui gli adolescenti con IGD ritengono di non avere altra scelta che giocare.
La sotto-scala FES di coesione all’interno della dimensione della relazione, misura la quantità di aiuto e supporto che ogni membro della famiglia si dà l’un l’altro. Con una minore coesione, l’individuo può sentirsi disconnesso dalla famiglia e avere difficoltà a ottenere supporto dalle figure genitoriali in tempi di crisi, rifugiandosi nel gioco.
Oltre a supportare l’ipotesi generale che gli stili di attaccamento negativi e insicuri influenzino il rischio di un uso problematico dei giochi su Internet, i risultati indicano che questo effetto è correlato a difficoltà specifiche sperimentate nelle relazioni, cioè paura del rifiuto e dell’abbandono. Gli individui che hanno sperimentato ACE e hanno uno stile di attaccamento insicuro reagiscono più spesso con una dissociazione non adattativa e l’iper attivazione dovuta al gaming patologico può aggravare questo processo. Amnesia, depersonalizzazione e assorbimento sono stati tutti coinvolti nella comprensione della tendenza a dissociarsi. In generale, la dissociazione, intesa come cut-off cognitivo, può contribuire a una corretta comprensione del fenomeno del gioco. Vengono prese in esame le relazioni familiari con le figure parentali come un fattore cruciale nello sviluppo di un’adeguata capacità di controllo emozionale e di mettere in atto efficaci strategie di coping soprattutto difronte al proprio vissuto emozionale. Da questo studio emerge anche che nei giocatori presi in considerazione, i punteggi di depressione, difficoltà a descrivere i sentimenti e ansia, sono associati all’IGD. È possibile che questi soggetti abbiano trovato nel gioco, nel corso del loro sviluppo, un modo per alleviare la disregolazione emotiva associata all’alessitimia e che quindi questa strategia potrebbe essere vista come adattiva per un periodo. Resta che questi soggetti, nel tempo, non sviluppano metodi alternativi di regolazione delle emozioni.
E’ estremamente significativo che le relazioni intime disfunzionali, un contesto socio economico deprivante e la mancanza di una rete efficace di supporto alla crescita siano un incentivo ad un uso patologico del gaming con gravose conseguenze sul piano psicofisico, sulla percezione di sé, sulla sfera relazionale, sulla capacità di riconoscere e gestire gli stati emotivi.
All’interno delle famiglie in cui è presente un IGD si è evidenziato anche un maggior livello di DCA.
L’influenza della famiglia sullo stile di vita, le scelte alimentari e l’attività fisica è parte di un processo educativo che coinvolge il bambino già nei primi anni. In famiglia il bambino non solo impara a relazionarsi con il mondo attraverso il modello e lo stimolo dei genitori, ma può apprendere uno stile di vita sano e attivo, necessario per poter crescere in salute, possono anche nascere le prime motivazioni che avvicinano all’attività sportiva.
Tutto questo conduce a un positivo cambiamento nella percezione di sé, un incremento dell’energia ed entusiasmo durante lo svolgimento delle attività di tutti i giorni, un maggior stato di prontezza mentale, un aumento del piacere per l’esercizio fisico, un aumento del buon umore e diminuzione dello stato depressivo, una maggiore fiducia in sé stessi.
La sedentarietà, per contro, tipica di chi per ore resta seduto davanti ad un monitor, altera, a livello del sistema nervoso centrale, il senso dell’appetito e l’autocontrollo, mentre al contrario, la pratica regolare di un allenamento sportivo ristabilisce il meccanismo di feed-back a livello diencefalico, col risultato di riportare la sensazione di fame ad adattarsi ai dispendi energetici reali.
È stato dimostrato in studi recenti, come l’attività motoria dai 3 ai 5 anni riesca a ricoprire una specifica funzione nello sviluppo del bambino: la maturazione del sistema nervoso, realizzatasi nei primi anni di vita e lo sviluppo degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio, concorrono a migliorare la prestazione motoria del bambino.
Nel promuovere l’attività fisica per i ragazzi è fondamentale il ruolo della scuola.
Nel periodo scolastico infantile, è da tenere in considerazione che il bambino ha uno spiccato interesse per il proprio corpo, l’azione educativa potrebbe tendere, innanzitutto, a mantenere un atteggiamento positivo verso di esso, ad averne cura e a prenderne coscienza sempre più chiara della strutturazione dello schema corporeo, del controllo degli equilibri e della lateralità, della coordinazione spazio-temporale, del controllo della respirazione, della capacità di rilassamento e del controllo posturale.
Nel corso dell’infanzia (6-11 anni) continua la costruzione dei prerequisiti funzionali dell’apprendimento motorio, ovvero le condizioni fondamentali che consentono la funzionalità del movimento, quali: il progressivo chiarirsi della percezione e dell’immagine di sé nei rapporti tra i segmenti corporei e tra il proprio corpo e la realtà esterna, la coordinazione senso-motoria, l’organizzazione spazio-temporale, gli equilibri e la lateralizzazione, la coordinazione statica e dinamica generale e segmentale.
Nell’età prepuberale e puberale lo scheletro in accrescimento possieda il massimo di adattabilità e pertanto, gli interventi che avvengono in tale fase hanno maggiore capacità di influenzare le ossa durante il cosiddetto “periodo di maturazione scheletrica”.
È molto importante, dunque, intervenire precocemente affinché il bambino acquisisca in modo piacevole e percepisca la pratica sportiva come un’attività ludica, uno stile di vita attivo, anche perché l’inattività fisica, associata ad una non corretta alimentazione, oltre a comportare un bilancio energetico positivo con conseguente sovrappeso e/o obesità, attraverso meccanismi di tipo epigenetico, comporta una diminuzione della funzionalità del meccanismo aerobico di utilizzazione dei grassi a scopo energetico da parte delle cellule muscolari.
Tra gli adolescenti italiani si registrano livelli di sedentarietà superiori alla media europea.
Il bambino così, non solo è più grasso e quindi più impacciato, ma si stanca prima quando fa attività fisica e quindi tende a farne sempre di meno. Inoltre tutto questo è fonte spesso di ripercussioni psicologiche, quali senso di frustrazione, tristezza e vergogna, che innescano un circolo vizioso per cui il bambino o l’adolescente obeso evita le occasioni di gioco e l’attività sportiva, soprattutto di gruppo o di squadra, aggravando la sua situazione clinica.
Nel 2003 uno studio americano mostra che il tasso di prescrizione di antidepressivi a giovani era quasi raddoppiato in 5 anni. L’aumento più forte, pari al 66%, si registrava fra i bambini in età prescolare.
Nel 2004 i dati della Medco Health Solutions evidenziano che l’utilizzo di psicofarmaci ha subito un aumento pari al 49% tra il 2000 ed il 2003. Per la prima volta la spesa per questo tipo di medicinali superava quella per gli antibiotici e i farmaci contro l’asma.
Dove c’è più spazio verde intorno, i livelli di stress delle persone sono più bassi.
I dati emersi dalle ricerche dimostrano che l’uso problematico dei videogiochi e l’Internet Game Disorder siano strettamente connessi ad uno scarso autocontrollo, a caratteristiche tipiche di impulsività e alla ricerca di sensazioni che mancano negli ambiti relazionali nel mondo reale.
Un uso problematico del gioco online si manifesta con un acutizzarsi di tratti di personalità che inducono il videogamer ad un evitamento che aumenta gradualmente, di esperienze socioemotive reali con l’aumento di stati depressivi e ansionsi, pensieri incongruenti e manifestazioni comportamentali inadeguate al contesto.
L’isolamento sociale è stato identificato come un importante fattore di rischio per IGD; pertanto, abbiamo visto che essere connessi agli altri, una delle caratteristiche principali dei giochi su Internet, è uno dei motivi principali per cui il gioco contribuisce allo sviluppo di IGD
lo sviluppo dell’IGD potrebbe anche essere influenzato da vari fattori socio-ambientali, tra cui le relazioni genitore-figlio, un monitoraggio/orientamento adeguato relativi al gioco, atteggiamenti della società nei confronti del gioco, pressione dei pari e accessibilità a Internet.
L’IGD risulta associato a un maggiore nevroticismo, ridotta coscienziosità e bassa estroversione.
Ogni ora al giorno passata davanti alla televisione dai bambini in età prescolare aumenta del 10% la possibilità che essi sviluppino prima dei 7 anni, problemi di concentrazione e altri sintomi tipici del disturbo da deficit di attenzione.
I pazienti con disturbo da gaming mostrano una più elevata attivazione nel precuneo, una struttura corticale interna tra i due emisferi cerebrali nella zona posteriore tra la corteccia somatosensoriale che sembra coinvolta nei processi di memoria episodica, in quelli di autoriflessione e in alcuni aspetti della coscienza. La ricerca ha rilevato anche una più elevata reattività della corteccia cingolata anteriore, una struttura cerebrale importante per l’attenzione, nel monitoraggio del comportamento, nella regolazione delle emozioni, nei processi decisionali e nell’autocontrollo.
Nei compiti che sollecitano l’autocontrollo, i pazienti con disturbo da gioco presentano un’iperattivazione nel lobo temporale superiore destro, nel precuneo, e nell’insula, un’area corticale al centro della consapevolezza dei processi viscerali e somatici, nella coscienza del sé corporeo e nelle emozioni sociali. Negli stessi compiti di controllo volontario questi pazienti mostrano una più bassa funzionalità del lobo frontale inferiore sinistro, un’area critica nell’inibizione dei comportamenti impulsivi e degli automatismi, quindi fondamentale per l’autocontrollo.
Nelle ricerche che tentavano di osservare le funzionalità del cervello dei pazienti con disturbo da gaming durante decisioni rischiose, il quadro emerso ha indicato una significativa iperattivazione nello striato sinistro, una struttura da cui dipende in quale modo l’attivazione e l’iniziazione dei comportamenti impulsivi e automatici. Altro dato interessante è che nei processi decisionali questi soggetti sembrano presentare una più bassa attività in diverse aree della corteccia prefrontale: le regioni da cui dipendono le capacità di regolare e inibire le reazioni impulsive, l’innesco di comportamenti automatici, le decisioni di non avviare comportamenti legati al rischio.
Sull’altro versante le ricerche ci mostrano come il contatto con l’ambiente naturale aiuti ad affrontare e a superare lo stress, le malattie e gli infortuni, ci permette di avere una visione positiva della vita, una maggiore soddisfazione nella vita quotidiana e può migliorare la concentrazione e la produttività.